Spesso si sente dire che, nel caso in cui il de cuius (il defunto) abbia una situazione economica non chiara o problematica, l’unica soluzione è quella di accettare l’eredità con beneficio d’inventario perché in questa maniera “non si diventa eredi”. L’affermazione non è corretta, anche se nella sostanza l’accettazione con beneficio d’inventario è spesso lo strumento giusto.
Con l’accettazione con beneficio d’inventario infatti, il chiamato alla successione diventa erede, solo che ai sensi dell’art. 490 n. 2 cc, questi non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti. In pratica i patrimoni del de cuius e dell’erede rimangono distinti. La precisazione di cui sopra ha importanti risvolti pratici. Nel caso sottoposto alla Suprema Corte (Cass. 23961/2019) la Commissione Tributaria Regionale di Bari, aveva accolto il ricorso presentato da tre fratelli, proprio perché, avendo accettato con beneficio d’inventario, secondo i giudici tributari, questi non potevano essere considerati eredi e quindi nei loro confronti non poteva essere azionata la pretesa tributaria.
La Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, facendo presente che la Commissione tributaria ha “confuso la situazione del chiamato all’eredità con quella dell’erede con beneficio d’inventario, atteso che, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 23389 del 2017; Cass. n. 4788 del 2017), chi accetta l’eredità con beneficio d’inventario è a tutti gli effetti erede, ai sensi dell’art. 490 comma 2 cod. civ.; e l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario non determina di per sé sola il venir meno della responsabilità patrimoniale degli eredi per i debiti anche tributari, ma fa solo sorgere il diritto di questi ultimi a non risponderne “ultra vires hereditatis”, cioè al di là del valore dei beni lasciati dal de cuius“. Non è vero quindi che i figli non potevano essere condannati per i debiti tributari del padre, ma la sentenza di condanna avrebbe avuto efficacia di generare un debito che sarebbe stato soddisfatto solo con il patrimonio del de cuius. Per tale motivo la sentenza è stata cassata e gli atti rinviati nuovamente alla CTR di Bari per la nuova decisione basandosi sul principio di diritto enunciato.