Il fondo patrimoniale della famiglia è un istituto giuridico previsto dall’art. 167 e seguenti del codice civile che consente di destinare un patrimonio al soddisfacimento dei bisogni familiari.
Il principale beneficio che si può conseguire attraverso la costituzione del fondo patrimoniale e che i beni che ne fanno parte non possono essere soggetti a esecuzione forzata per debiti che il creditore sapeva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Ma cosa si intende di preciso con l’espressione “bisogni di famiglia”
In una recente ordinanza della Corte di cassazione n. 2904 del 8 febbraio 2021 si discute su una delle questioni più dibattute in tema di fondo patrimoniale, ossia se la dicitura “bisogni di famiglia” possa essere interpretata in modo estensivo, seguendo il filone maggioritario dottrinale o giurisprudenziale, oppure in modo restrittivo.
Nel caso in esame, un’abitazione facente parte del fondo patrimoniale, viene sottoposta ad esecuzione immobiliare per i debiti derivanti dal mancato pagamento di somme di denaro relative a fideiussione prestate dal marito nell’ambito dell’attività imprenditoriale esercitata. Presentata opposizione, il marito si è visto respingere in primo grado la formulata opposizione alle esecuzione ex art. 615 c.p.c., e in secondo grado il gravame proposto avverso la pronuncia di rigetto dell’opposizione, sulla ritenuta inopponibilità alla creditrice procedente del conferimento in un fondo patrimoniale del bene oggetto di pignoramento.
La Suprema Corte, dopo aver ricordato che, a tutela del credito, contro la costituzione di un fondo patrimoniale ex art. 167 cod.civ. è ammessa l’azione revocatoria ordinaria ai sensi dell’art. 2901 c.c., “senza alcun discrimine circa lo scopo ulteriore da quest’ultimo avuto di mira nel compimento dell’atto dispositivo”, pone l’accento sul concetto di bisogni della famiglia al cui soddisfacimento sono vincolati i beni conferiti nel fondo patrimoniale, delineandone il contenuto.
Accogliendo la tesi maggioritaria che privilegia un concetto non restrittivo di bisogni della famiglia, tale da ricomprendere non solo le necessità c.d. essenziali o indispensabili della famiglia ma tutto quanto risulti essere necessario e funzionale allo svolgimento e allo sviluppo della vita familiare e al suo miglioramento del benessere anche economico, la Corte osserva che “… i bisogni della famiglia sono da intendersi non in senso restrittivo, come riferentesi cioè alla necessità di soddisfare l’indispensabile per l’esistenza della famiglia, bensì (analogamente a quanto, prima della riforma di cui alla richiamata L. n. 151 del 1975, avveniva per i frutti dei beni dotali) nel senso di ricomprendere in detti bisogni anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi (v. Cass., 7/1/1984, n. 134).”
Continua però la Corte, che risponde invero a nozione di comune esperienza che le obbligazioni assunte nell’esercizio dell’attività d’impresa o professionale abbiano uno scopo normalmente non direttamente collegato ai bisogni della famiglia ed è pertanto necessario l’accertamento da parte del giudice di merito, della relazione sussistente tra il fatto generatore del debito e i bisogni della famiglia in senso ampio. La prova dell’estraneità ai bisogni della famiglia dell’obbligazione contratta può essere data anche con presunzioni semplici. Nel caso di specie la Corte d’Appello aveva ritenuto che le fideiussioni contratte quale socio di una S.r.l. erano finalizzate ai bisogni della famiglia, contraddicendo, senza argomentare, un principio di buon senso e senza considerare che tali obbligazioni possono assolvere solo indirettamente ed in via mediata ai soddisfacimento dei bisogni familiari.
Sulla scorta di tali richiamati principi, la Suprema Sezione ha censurato la pronuncia della Corte di merito gravata per non averne fatto corretta applicazione e accogliendo le ragioni di Tizio.