Source: Cacciatore uccide animale domestico: va riconosciuto il danno non patrimoniale | Altalex
La vicenda sottoposta all’attenzione del Giudice del Tribunale di Pavia aveva ad oggetto la richiesta di risarcimento danni patita dai proprietari di un cane ferito mortalmente da un colpo di fucile sparato da un cacciatore mentre l’animale si trovava all’interno di una proprietà privata e recintata.Il procedimento civile era stato preceduto da un giudizio penale instauratosi per il reato di cui all’art. 544 bis c.p. perchè tale cacciatore “per crudeltà e senza necessità, cagionava la morte del cane meticcio (…), sparandogli un colpo di fucile”.Durante tale procedimento, venivano assunte le prove testimoniali richieste dalle parti e veniva sentito anche un consulente veterinario che precisava che la causa del decesso era riconducibile alla lesione al cervello desumibile dal foro di entrata di un pallino in regione bulbare, all’altezza dell’occhio destro del cane.Le indagini preliminari consentivano l’identificazione del cacciatore e, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, tale soggetto veniva individuato, senza alcun dubbio, come responsabile della morte del cane; purtroppo però, in sede penale, il Giudice si pronunciava assolvendo l’imputato in quanto non era possibile, a suo dire, ravvisare l’elemento soggettivo costituito dalla volontarietà dell’azione e dal carattere doloso della condotta, elementi costitutivi del reato oggetto di imputazione di cui all’art. 544 bis c.p.Per tali ragioni gli attori si vedevano costretti ad instaurare il processo civile che si concludeva con la sentenza oggi brevemente commentata.A tal proposito si evidenzia che, in materia trova applicazione, secondo pacifico orientamento giurisprudenziale, l’art. 2043 c.c. che, contenendo il generale principio del neminem laedere, tutela qualunque posizione soggettiva meritevole di protezione imponendo al giudice di merito di condannare al risarcimento del danno ingiustamente patito.Nel caso di specie risultava dall’istruttoria svolta nel processo penale che il cacciatore aveva sparato ed ucciso il cane di proprietà degli attori certamente, quindi, dal punto di vista civilistico tale condotta non poteva essere considerata involontaria o non colposa dal momento che era stato dimostrato che il convenuto era consapevole che stava sparando all’interno di una proprietà recintata e sapeva che la vittima del suo gesto era un povero ed indifeso cucciolo di cane e non certo una preda selvatica.Non vi è chi non veda che sparare ad un cane all’interno di una proprietà privata (recintata e protetta da rete metallica) dirigendo lo sparo verso il muso dell’animale (quindi con ogni intento di ferirlo gravemente) configura una violazione del principio tutelato dall’art. 2043 c.c. L’ingiustizia subita dagli odierni attori era quindi palese tanto che ne è conseguito il risarcimento del danno non patrimoniale.Del resto, secondo pacifico orientamento giurisprudenziale, deve essere risarcito il danno non patrimoniale per la perdita di un animale d’affezione trattandosi di un diritto rientrante nella categoria dei diritti fondamentali della persona oltre che di una violazione del diritto di proprietà, considerata la sussistenza di un rapporto consolidato tra il proprietario e l’animale (si veda in tal senso Trib. Bari, 22/11/2011).In una recente sentenza la Corte d’Appello di Roma (27/03/2015) è stata molto chiara allorquando afferma che “nel caso di un cane da compagnia è fin troppo noto come le abitudini dell’animale influiscano sulle abitudini del padrone e come il legame che si instaura sia di una intensità particolare, sicché affermare che la sua perdita sia `futile´ e non integri la lesione di un interesse della persona alla conservazione della propria sfera relazionale-affettiva, costituzionalmente tutelata, non sembra più rispondente ad una lettura contemporanea delle abitudini sociali e dei relativi valori”.E’ pertanto evidente secondo i Giudici il pieno ed incontestabile riconoscimento del valore psico-affettivo della relazione uomo-animale.Sul punto già la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 4493/2009, aveva ritenuto risarcibile nell’ambito del giudizio di equità il danno da lesioni dell’animale d’affezione, sulla base della considerazione per cui, venendo in tale giudizio in rilievo la c.d. equità formativa, non opererebbe la limitazione al risarcimento del danno non patrimoniale prevista dall’art. 2059 c.c., che prevede la risarcibilità del danno non patrimoniale solo nei casi espressamente previsti dalla legge.Anche il Tribunale di Bari si è pronunciato ritenendo che va riconosciuta la risarcibilità del danno non patrimoniale per la perdita di un cane trattandosi di violazione di un diritto rientrante nella categoria dei diritti fondamentali della persona (Trib. Bari, 22/11/2011) così come ritenuto anche dal Tribunale di Reggio Calabria il quale ha affermato che “gli animali d’affezione sono prevalentemente fonte di compagnia, considerati dai loro padroni come membri della famiglia, talora come qualcosa di simile ai bambini, così v