Nel maggio 2009 una donna ricorre al Tribunale dei minori di Milano, al termine della convivenza, per chiedere all’ex compagno un assegno di mantenimento per il figlio che lei quantifica in € 2.000,00 oltre le spese straordinarie. Il Tribunale dei minori nel 2014 riduce invece l’assegno in € 520,71. La donna ricorre dinanzi alla Corte d’Appello che, riformando la sentenza, nel 2015 quantifica in € 1.800,00 la somma dovuta. Veniva pertanto notificato un precetto per gli arretrati non pagati, conteggiati dal maggio 2009, per un importo complessivo di € 106.468,60. L’ex compagno proponeva opposizione ex art. 615 cpc, affermando che gli arretrati dovevano esser conteggiati dal giorno dalla data del decreto della Corte d’Appello (11 giugno 2015) o al massimo dalla data del ricorso alla Corte d’Appello (14/07/2014). Il Tribunale rigettava l’opposizione, ma la Corte d’Appello invece annullava il precetto affermando che la somma di € 1.800,00 mensili doveva essere corrisposta a decorrere dal 14/07/2014.
La Cassazione (Cass. 8816/2020) alla quale la donna aveva presentato ricorso, le dà invece ragione, enunciando il seguente principio di diritto: “La decisione del tribunale per i minorenni relativa all’obbligo di mantenimento, ai sensi dell’art. 148 cod. civ,., del figlio naturale da parte del genitore non affidatario retroagisce naturalmente al momento della domanda giudiziale, oppure, se successiva, dall’effettiva cessazione della coabitazione, senza necessità di statuizione sul punto. La decisione adottata dalla corte d’appello all’esito dell’eventuale reclamo si sostituisce a quella del tribunale per i minorenni e produce effetti con la medesima decorrenza.”
Infatti la pronuncia del tribunale che decide sull’obbligo di mantenimento a carico del genitore non affidatario non ha effetti costitutivi, ma dichiarativi. Tale impegno infatti è connesso allo status genitoriale, per cui è dalla domanda che l’obbligo di mantenimento decorre (o dalla cessazione della coabitazione, se successiva).