In quasi tutte le officine dove portiamo a riparare le nostre auto, è possibile leggere un avvertimento minaccioso, in genere posto bene in evidenza, dove è spiegato che, se non si paga la riparazione, si eserciterà il diritto ritenzione, con c’avvertimento che non si riconsegnerà l’auto fino all’avvenuto pagamento. Viene da chiedersi se tale avviso sia fondato. In prima battuta verrebbe da pensare che tale comportamento sia quasi estorsivo, in ogni caso che possa rappresentare una tipica fattispecie di appropriazione indebita (Chiunque…… si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso …) e quindi soggetto a tutela penale. In realtà non è così. Subentra in questi casi l’art. 2756 cc che prevede che “Il creditore può ritenere la cosa soggetta al privilegio finché non è soddisfatto del suo credito e può anche venderla secondo le norme stabilite per la vendita del pegno“. In base a questa norma pertanto chi vanta un diritto di credito ed è in possesso di un bene del debitore può trattenerlo fino a quando non sia stato soddisfatto o anche liquidarlo secondo le norme sul pignoramento. Non può però utilizzare il bene come se fosse proprio o compiere alcun atto dispositivo (modificarlo, prestarlo o addirittura venderlo senza autorizzazione del giudice). Questo principio è stato ribadito dalla Cassazione (Cass 48251/2016) che ha annullato la sentenza di condanna per appropriazione indebita di due carrozzieri che non avevano riconsegnato l’auto che avevano riparato. Scrive la Suprema Corte che “perché si possa ritenere configurabile il reato di appropriazione indebita, occorra un quid pluris rispetto al semplice rifiuto di restituire il bene oggetto di un rapporto contrattuale ancora vigente, quale ad esempio il compimento di atti di disposizione o di distrazione”