Molto spesso, quando il matrimonio arriva ad uno stato di crisi non più sanabile, i coniugi riversano nel giudizio di separazione tutti i rancori e le rivendicazioni accumulate negli anni, sperando così di avere “giustizia”. Nella battaglia legale vengono usate tutte le armi possibili, e purtroppo spesso anche i figli. Tale atteggiamento, non porta quasi mia ad un risultato utile, e anzi spesso risulta controproducente.
Nel caso esaminato dal Tribunale di Cosenza (Trib. Cosenza, 07/11/2019 n. 549) si trattava di una separazione con affido condiviso del figlio piccolo, in cui la madre ad un certo punto priva il padre unilateralmente della frequentazione con il figlio, adducendo come giustificazione, il sospetto grave e infamante di abusi e maltrattamenti. Le indagini in merito a tali denunce, portano invece a concludere per l’assoluta normalità dei rapporti padre-figlio, e mostrano invece un atteggiamento persecutorio della moglie nei confronti del marito, con un comportamento ossessivamente volto a condizionare il figlio al fine di fargli ammettere le presunte violenze.
L’impossibilità della madre di tenere un atteggiamento equilibrato con il figlio rende evidente la sua inidoneità genitoriale, inidoneità che ha leso in maniera evidente il rapporto tra il padre e il piccolo. Il Tribunale pertanto decideva di affidare il piccolo ai servizi sociali, collocandolo però presso la madre per non compromettere ulteriormente lo sviluppo affettivo del bambino. La ammoniva inoltre ad astenersi dal tenere condotte ostative agli incontri padre-figlio e la condannava a risarcire i danni nei confronti del marito quantificati in € 5.000,00.